INGIURIA E STALKING (Cassazione Penale, Sez. V, 16 novembre 2020-13 gennaio 2021, n. 1172)

INGIURIA E STALKING

Cassazione Penale, Sez. V, 16 novembre 2020-13 gennaio 2021, n. 1172

 

L’art. 612 bis c.p. sotto la rubrica Atti persecutori disciplina il reato c.d. di Stalking, punendo chiunque “con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita“.

La norma è stata introdotta nel nostro ordinamento penale dal d.l. n. 11/2009 (convertito dalla l. n. 38/2009), al fine di dare una risposta sanzionatoria appropriata a condotte che sino ad allora venivano inquadrate in altri delitti meno gravi (quali ad esempio minaccia e violenza privata), dimostratisi inadeguati a tutelare adeguatamente le vittime di quelle condotte illecite caratterizzate da maggiore gravità, sia per la reiterazione, sia per gli effetti negativi sulla sfera privata e familiare delle persone offese.

Con la Legge n. 69/2019 denominata “Codice Rosso” il legislatore ha introdotto delle novità tra cui l’inasprimento della pena per il reato di atti persecutori, che passa da un minimo di sei mesi e un massimo di cinque anni ad un minimo di un anno e un massimo di sei anni e sei mesi, nonché una spinta più veloce per l’avvio del procedimento penale, al fine di consentire una più tempestiva adozione di misure a tutela delle vittime.

Trattasi di reato comune (realizzabile da “chiunque”) e abituale, per la cui configurazione è necessaria la reiterazione delle condotte di minaccia o di violenza per almeno una volta, purché gli episodi siano legati da un contesto unitario.

Le condotte debbono necessariamente causare alternativamente alla vittima: un perdurante grave stato di ansia o paure; un fondato timore per la propria incolumità o per quella di persona legata affettivamente; la costrizione ad alterare le proprie abitudini di vita.

Sotto il profilo dell’elemento soggettivo è, invece, richiesto il dolo generico ossia la volontà di porre in essere le condotte di minaccia e/o di molestia nella consapevolezza della loro idoneità.

Qualora autore del reato sia il “coniuge legalmente separato o divorziato o un soggetto che sia stato legato da relazione affettiva alla persona offesa” si configura altresì l’aggravante prevista al comma 2 dell’art. 612- bis c.p.

Le modifiche legislative apportate alla norma pongono attualmente delicati problemi interpretativi in ordine al rapporto tra il reato di Atti persecutori e quello di Maltrattamenti in famiglia di cui all’art. 572 c.p.

Un importante contributo interpretativo alla delimitazione dell’elemento materiale del delitto in esame è stato fornito dalla Suprema Corte in una recente pronuncia resa nell’ambito di una vicenda in cui l’imputato, dopo aver concesso una somma di denaro in prestito ad una sua condomina, aveva posto in essere per un lungo periodo di tempo una serie di comportamenti assillanti e minacciosi nei confronti di quest’ultima e proseguito nella condotta anche dopo la restituzione della somma, sino ad ingiuriarla pesantemente nel corso di un’assemblea condominiale tenutasi dopo due anni ed in esito alla quale la vittima sporgeva denuncia-querela.

Gli Ermellini – dopo aver preliminarmente ribadito che la verificazione dell’evento, pur costituendo un elemento indispensabile per la configurabilità del reato non rende irrilevanti gli atti successivi e che questi ultimi, saldandosi ai precedenti, estendono l’offesa al bene giuridico protetto assumendo rilevanza ai fini della perseguibilità, spostando il dies a quo per la proposizione della querela all’ultimo atto della serie – hanno avuto occasione di specificare come tra gli atti persecutori possa ritenersi ricompresa anche l’ingiuria, sebbene quest’ultima, anche prima della depenalizzazione, fosse ricompresa tra i delitti contro l’onore e costituisca tuttora una delle forme di aggressione a tale bene sanzionato civilmente.

Muovendo da quanto sopra, la Suprema Corte ha affermato “…ove le ingiurie costituiscano fatto isolato, che non si inserisce in un più ampio contesto di aggressione alla sfera psichica e morale della persona – l’autore delle stesse sarà sanzionabile civilmente, mentre, quando le ingiurie assumono consistenza, ripetitività e incidenza tali da determinare, in sinergia con le altre forme di illecito previste dall’art. 612 bis c.p., uno degli eventi previsti dalla norma risponderà del reato di atti persecutori (Cassazione Penale, Sez. V, 16 novembre 2020-13 gennaio 2021, n. 1172).