Il contributo al mantenimento dei figli e il rimborso delle spese sanitarie

Problematica diffusa e fonte di maggior litigiosità in ambito di separazione e divorzio dei coniugi, nonché di regolamentazione dei rapporti con figli nati fuori dal matrimonio  è certamente quella del contributo al mantenimento dei figli.

La Costituzione italiana, senza distinguere tra coniugati e non, pone a carico di ciascun genitore, l’obbligo di mantenere i figli dalla nascita fino al raggiungimento dell’autosufficienza economica, a prescindere dal raggiungimento della maggiore età, sia in costanza di matrimonio o convivenza, sia in esito allo scioglimento dell’unione per separazione, divorzio o cessazione della convivenza.

Entrambi i genitori, pertanto, sono tenuti ad adempiere all’obbligo di mantenimento, proporzionalmente alle loro sostanze e secondo le loro capacità patrimoniali e reddituali.

La modalità primaria di assolvimento dell’obbligo è quella del mantenimento diretto, mediante la quale ciascun genitore provvede in prima persona all’acquisto di ciò che serve ai figli o, comunque, fornisce direttamente a loro ciò di cui hanno bisogno sostenendo tutte le loro relative spese nei periodi in cui li hanno con sé.

L’art. 337-ter c.c. specifica tuttavia che al fine di dare realizzazione al principio di proporzionalità il Giudice può stabilire, laddove necessario, la corresponsione di un assegno periodico a carico di uno dei genitori.

Il contributo al mantenimento dei figli, consiste pertanto nell’obbligo posto a carico del genitore non collocatario in via prevalente, di corrispondere in favore dell’altro genitore un importo periodico, al fine di garantire il soddisfacimento delle esigenze della prole ed assicurare a quest’ultima uno standard di vita tendenzialmente analogo a quello goduto in costanza di convivenza dei genitori.

Per determinare la necessità e l’ammontare dell’importo non esiste, un criterio fisso predeterminato, ma l’art. 337-ter c.c. individua, tuttavia, una serie di parametri di riferimento da utilizzare ai fini della determinazione della misura del contributo, precisamente: a) le attuali esigenze del figlio; b) il tenore di vita goduto in costanza di convivenza con entrambi i genitori; c) i tempi di permanenza presso ciascun genitore; d) le risorse economiche di entrambi i genitori; e) La valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.

Nell’ambito dell’obbligo di mantenimento della prole assume poi particolare importanza la distinzione tra spese ordinarie – comprese nell’importo corrisposto a titolo di contributo – e spese straordinarie, il cui rimborso e distinzione rispetto alle prime costituisce una delle questioni più dibattute materia.

Poiché la legge non specifica quali spese rientrano nel contributo ordinario al mantenimento e quali, fuoriuscendo dall’importo mensile, debbano essere rimborsate al coniuge anticipatario, si è registrato negli anni un cospicuo contributo della giurisprudenza di merito e di legittimità e più di recente la prassi invalsa nei singoli Tribunali di siglare dei Protocolli aventi lo scopo di sopperire alle lacune normative, assicurare uniformità nei provvedimenti e, soprattutto, di regolamentare i rapporti tra i genitori evitando litigi.

Le spese ordinarie, comprese nell’importo del contributo al mantenimento sono da intendersi, per giurisprudenza ormai costante, solo quelle spese destinate a soddisfare i bisogni e le normali esigenze di vita quotidiana della prole e risultano caratterizzate da prevedibilità, frequenza, ripetibilità e valore economico adeguato al tenore di vita della famiglia.

Le spese straordinarie attengono, invece, al soddisfacimento delle esigenze imprevedibili ed eccezionali della prole, che comportano ulteriori esborsi rispetto a quanto compreso nel contributo di mantenimento.

La giurisprudenza, nel corso degli anni, ha chiarito che le c.d. spese straordinarie debbano intendersi come quegli esborsi occasionali e gravosi, che per rilevanza, imprevedibilità ed imponderabilità esulano dall’ordinario regime di vita dei figli ed il cui ammontare esorbita rispetto alle ordinarie possibilità dei genitori, alterando sensibilmente la regolamentazione stabilita con la determinazione del contributo di mantenimento ordinario.

Poiché tali spese presentano carattere eccezionale o episodico, la cui necessità sorge improvvisamente o non abitualmente, il loro importo non può essere predeterminato ed essere ricompreso forfettariamente nel contributo al mantenimento.

Nella prassi la suddivisione è, nella maggior parte dei casi, determinata nella misura del 50% ciascuno, ma possono anche essere ripartite per quote differenti in considerazione della maggiore capacità contributiva e di mantenimento, ovvero anche integralmente a carico di un solo genitore.

Le più importanti tipologie di spese straordinarie possono individuarsi nelle spese scolastiche, mediche, extrascolastiche, sportive e ludico-ricreative.

La ricomprensione dei vari esborsi all’interno dell’una o l’altra categoria è stata nel corso degli anni fonte di contrasti interpretativi che hanno originato contrapposti indirizzi giurisprudenziali.

Le voci di spesa escluse dalle spese ordinarie, inoltre, debbono essere preventivamente concordate tra i genitori e possono essere rimborsate al genitore anticipatario, previa esibizione dei documenti giustificativi, configurando un vero e proprio obbligo di concertazione che, a sua volta, ha generato diatribe in ordine alla necessarietà della spesa ed al comportamento da adottare in ipotesi di mancato accordo, dal quale sono scaturiti ulteriori contrapposti orientamenti giurisprudenziali.

Al fine di evitare l’insorgere di diatribe e semplificare la ripartizione delle spese straordinarie nei casi concreti, nei vari distretti di Tribunale si è affermata la prassi di predisporre unitamente ai locali Ordini degli Avvocati dei Protocolli per la ripartizione delle spese straordinarie prevedendo specificatamente le voci di spesa comprese nell’una e nell’altra tipologia.

Il valore di tali Protocolli, tuttavia, non è vincolante ma solo ricognitivo salvo le ipotesi in cui il Giudice lo richiama espressamente nel proprio provvedimento o quando le parti vi aderiscano richiamandolo nell’accordo raggiunto.

In difetto di specifico richiamo, prevalgono le pattuizioni intercorse dalle parti o le statuizioni del Giudice con conseguente necessità, in ipotesi di contestazione, di richiedere a quest’ultimo di pronunciarsi in merito.